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Davide Scardaci - Critica - nostalgia del sangue

Dario Correnti e la “Nostalgia del Sangue”

Fake News, il nome e il cognome di questo autore sono un falso, non esiste nessun Dario Correnti che di professione faccia lo scrittore e che abbia pubblicato con Giunti in Italia “Nostalgia del Sangue”. Esistono invece due nomi di scrittori reali che si sono nascosti dietro a questo pseudonimo per stilare un noir che mescola eventi dell’800 italiano al nostro presente, andando a spostarsi in questo lasso temporale per via di un assassino dei nostri giorni che rievoca il primo serial killer italiano della storia.

 

Il plot story è affascinante, intriga, già da prima che si sia letta una sola frase. E’ lo pseudonimo, il fatto che questi due scrittori italiani siano presentati come due maestri di genere che hanno deciso di fare fronte comune nella stesura del romanzo scegliendo di rifugiarsi nell’anonimato. Cosa avranno mai da dire in questo romanzo per non metterci le loro firme sotto e giovarsi del parafulmine Dario Correnti? Probabilmente niente, si sente già l’odore della strategia di marketing, della sala in cui si sono seduti i business manager per pensare a come vendere un prodotto, tra l’altro un libro! E purtroppo in Italia! Difficoltà di riuscita elevata! Si sente il profumo di quei luoghi in cui è già stato scelto di pubblicare un testo per motivi che a noi non è dato sapere ed è giunta l’ora  di sfruttare tutte le frecce disponibili. E’ il profumo in cui la parte artistica muore, e intendiamoci, non ho nulla da recriminare, è un dato concreto, non polemico. E se proprio tutto questo non dovesse bastare per fare uscire dalla tasca 19 Euro all’acquirente allora ci si gioca le rievocazione storica e il concetto di assassino seriale con tutto quello che ne deriva. Insomma con un Fake Name e un sottotitolo: “Il primo serial killer italiano è tornato” in un modo o nell’altro questi 19 li strappiamo!

 

Personalmente, le cose non sono andate proprio così, non ho comprato per nessuno di questi motivi, ho solo seguito il mio codice morale di buon lettore, di cui chi di voi mi segue è certamente al corrente. Chi invece è nuovo si raccapezzerà fra qualche riga.

Ero ad Aosta, fine giugno, inizio luglio, giù di lì. Dopo un pranzo con amici, mi sono concesso un breve giro e ho adocchiato una libreria, la commessa era molto carina, faceva caldo e all’interno c’era l’aria condizionata, ero arrivato alle ultime 50 pagine de “La famiglia Baltimore” di Joel Dicker e dopo una seconda occhiata alla commessa col binomio mora-occhi verdi, sono entrato, fine della discussione.

Riguardo a chi vi consiglia i romanzi da acquistare a tutto quello che gira intorno al mondo della scrittura-lettura  vi consiglio di consultare il Manuale del Buon Lettore-Scrittore

Cominciamo a leggere
Dario Correnti e “Nostalgia del sangue”.

Dopo le prime righe lo tiro letteralmente dall’altra parte della stanza, già rivedo la mora-occhi verdi (Colei che me lo ha consigliato) e si accende il desiderio di averla realmente conosciuta in precedenza per potere avere una conversazione face-to-face degna di questo nome e dirgli che in definitiva rivoglio indietro i miei soldi!
Sono sconcertato, mi sembra di leggere un fumetto: data in alto a sinistra, 2 pagine e prima interruzione. Dario Correnti introduce i protagonisti, nome e cognome di lui mi affascinano subito: Marco Besana. Suona bene e mi piace anche il nome di lei: Ilaria Piatti, detta Piattola, però dopo una pagina e mezza mi ritrovo con un’altra data e un’altra interruzione. Alle volte la data è perfino la stessa, ma gli autori operano comunque uno stacco,  come per dare a intendere che la scena è finita, che rimaniamo nello stesso giorno, ma siamo altrove, ma cos’è? La sceneggiatura di un film?
Non mi arrendo, ci riprovo, forse sono solo troppo polemico come sempre mi accade ad inizio di un romanzo di un autore che mi è nuovo, ma niente, l’andazzo continua e non c’è verso di leggere 5 pagine di fila senza vedere la data. Quando cambia il giorno non me ne faccio un problema, non mi da fastidio, ma quando rimane lo stesso, mi viene voglia di chiedere agli autori quale sia il motivo per non preferire un passaggio di queste ore argomentato, invece di esibirsi in tagli continui che mi urtano il sistema nervoso.  


La Svolta

Però, detto questo, alt, c’è qualcosa, mi piace come scrive Dario Correnti, ha un grande ritmo, non perde un colpo, sa proporre un avvenimento nel modo giusto e i due personaggi, sono talmente concreti che sembra di poterli toccare. In poche pagine sono rivelate tante informazioni ben organizzate su Marco Besana e su Ilaria Piatti e non puoi non innamorartene. Continuo a voltare pagina e dopo un poco non ci faccio più caso alle date, voglio solo sapere dove mi porteranno i due protagonisti e sono sempre curioso di scoprire chi c’è dietro a questa storia nera. E cosa diavolo si può chiedere di più? Sinceramente non lo so, da lettore mi sembra di avere fatto bingo al superenalotto!  Ho trovato un bel libro scritto da due italiani! Sono felicissimo! Soprattutto perché nel testo cominciano a venire fuori tutta una serie di connotazioni che riguardano la nostra cara italia. Il lavoro quotidiano in un giornale, le malelingue, i pettegolezzi, le due generazioni a confronto, quella di Besana che ha una cinquantina d’anni e ha vissuto il giornalismo nel periodo d’oro e quella di una stagista con la metà dei suoi anni che di quel mondo non vedrà proprio niente. Così capisco che Dario Correnti è bravissimo, che da una parte mi tiene legato al caso del serial killer, facendomi viaggiare da presente a passato e dall’altra mi intrappola con il rapporto Besana-Piatti, sfruttandolo per parlare di questa Italia. Tutte le tematiche contingenti ad un caso di questo spessore sono toccate, la procura, l’informazione e la provincia bergamasca in cui vengono operati i delitti. Leggere “La nostalgia del sangue” vuol dire avere in mano un pezzo d’Italia e quando leggo riguardo al “concetto di riservatezza” che ostacola le indagini:

 

“La riservatezza del nord in fondo è l’equivalente dell’omertà del sud. La chiamano solo in modo diverso”

 

Capisco che ho a che fare con un romanzo che non dimenticherò. Come d’abitudine annoto le frasi cult.

Sono sfiziosi i passaggi che vanno dai nostri giorni all’800, ma anche qui Dario Correnti si dimostra un asso. Capisce che non possono essere presenti per tutto il romanzo, che devono essere uno stuzzichino da dare al lettore, ma che nelle 535 pagine che compongono il romanzo, deve avere spazio per altro. Lo dedica alla psiche dei protagonisti e a tutta una serie di personaggi accessori come criminologi, storici, esperti del dna che non fanno altro che darci una valanga di informazioni interessanti su ogni aspetto dalla caccia ad un serial killer.

 

Ed è in queste pagine che ho consacrato Dario Correnti e che mi sono incazzato di più con lui. Quello che rende “Nostalgia del sangue” unico è che è vero, è la forza di un cronaca vista dagli occhi di chi fa il giornalista e di chi la vive giorno dopo giorno. Non c’è un aspetto che ci faccia intendere una costruzione letteraria, un’invenzione, usata solo per scrivere un libro. Sembra veramente un fatto di cronaca. Applausi a scena aperta per Correnti. Quand’è che mi sono incazzato? All’ultima pagina. Leggo l’ultima riga, chiusura tra l’altro netta e perfetta anche questa, e mi incazzo come una bestia perché voglio un nuovo caso e voglio che siano Besana e Piatti a risolverlo.

Al prossimo caffè insieme, intanto vi ricordo quanto discusso la settimana scorsa!

1) Due righe su “La verità sul caso Harry Quebert” di Dicker
2) Il Manuale del Buon Lettore-Scrittore


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