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John Grisham, le pistole automatiche e il potere dei romanzi

Grisham è un autore che ho evitato per tanti anni, appartiene alla folta schiera degli innominabili sulle labbra di tutti.

Ultimamente, preso da un attimo di follia, ho deciso di leggere qualcosa di questi autori che metto nella stessa schiera: “Pistole automatiche”.

Ogni anno escono un paio di titoli con sotto scritto il loro nome, non ho idea di quanti Ghost writers ci siano alle loro spalle o se semplicemente sia possibile implementare la propria tecnica fino a raggiungere un tale numero di pallottole da sparare ogni 12 mesi. Ne sparano una o due, se fossero pallottole davvero, sarebbe poca cosa, ma qui si tratta di romanzi! Lo fanno ogni anno per carriere lunghe ventenni con un numero di pagine a volume spesso superiore alle 400 pagine! Ma lasciamo la tesi nell’oblio, possiamo farci questa domanda per ogni autore di Bestseller negli ultimi 30 anni, forse anche di più, ma in definitiva non interessa a nessuno. Se i Ghost Writers lo fanno, riceveranno un compenso adeguato e se i lettori continuano a comprarli vuol dire che la domanda-offerta tipica del mercato ha trovato un accordo lecito. Amen.

Il libro di Grisham in questione si chiama “L’appello.” La premessa è molto interessante perché ci troviamo di fronte ad un avvocato che difende un uomo meritatamente in carcere e prossimo alla camera a gas. Grisham ricama sopra a questo espediente narrativo un legame familiare tra condannato a morte e avvocato, lega la storia a doppia mandata tra passato e presente andando a prendersi una pagina di storia americana: il razzismo e condisce il tutto con una mole ragguardevole di informazioni sulla pena di morte, sulle leggi, sul circo mediatico che si forma intorno ad un esecuzione e sui governatori che ne approfittano per avere maggiore visibilità decidendo se graziare o meno un condannato, sulla base del consenso popolare che ne deriverà.

In questi aspetti il romanzo è didascalico, spiega molte cose riguardo le leggi americane e procura una certa piacevolezza, specie a chi, come me, vive in europa e non ha idea di come gli Usa gestiscano la pena di morte. Nelle 600 pagine di Grisham non trovo altro di entusiasmante, una volta esaurite le informazioni a cui facevo riferimento, il romanzo si abbatte su una linea piatta e prevedibile.

Non c’è nulla di rilevante nella trama e non credo che dedicherò ancora tempo a questo autore, a meno che non voglia sapere meglio come funziona il sistema legale americano.

Lo ricorderò per una strana coincidenza. Sono andato in vacanza in Texas, sapevo di dovere affrontare molto ore di volo e avevo voglia di leggere qualcosa. Così mi sono messo a guardare i titoli di una libreria abbastanza grande e mi è cascato l’occhio su questo titolo.

“L’ appello” di Grisham è ambientato proprio in Texas e le vicende si snodano non molto lontano da Dallas. Mi chiedo quante possibilità ci fossero di scegliere un libro ambientato nel luogo in cui stavo per andare in vacanza, credo siano basse.

Questo evento rafforza la mia idea sul “potere dei romanzi”:  sono i libri a scegliere noi e non viceversa.

 

 

 

 

 


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