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Murakami: Norwegian Wood, leggere o non leggere?

Ho abbandonato il romanzo vicino a me subito dopo avere letto pagina 374 e l’ho guardato per un poco, poi l’ho riposto in libreria, indugiando sulla costa.

Ho fatto un grande respiro e per due giorni sono rimasto a cervello vuoto, poi mi è venuta voglia di scrivere due righe a riguardo. E’ un romanzo intimo, molto particolare, che tratta la tematica delle relazioni amorose e del suicidio.

Il primo viene gestito passando dal sesso all’amore e ponendo al centro un dato di fatto: ci sono persone che non sanno amare e persone che invece sono capaci di questo sentimento, poiché hanno discernimento non soltanto di sé stesse ma anche degli altri. Questa si rivela la legge base dell’amore in Murakami, come se, senza questa qualità, non si potesse amare. L’autore nipponico, tramite un personaggio come Nagasawa, pone un accento piuttosto duro, solenne e deciso a riguardo.

Sulla capacità di amare dissento e concordo al contempo. Da una parte credo che siano “amori minori” e che abbiano una loro dignità, dall’altra, forse bisognerebbe avere il coraggio di dare una definizione diversa, proprio per preservare il significato del sentimento migliore di cui siamo capaci. E’ un punto in cui oscillo come un pendolo, ma sta di fatto che bisogna conoscere sé stessi per amare, ma serve anche sapere guardare nel cuore altrui e averne cura. Su questo punto mi sento in perfetta comunione con Murakami.

Dietro questo concetto sulla capacità di amare, che separa in due schieramenti netti gli esseri umani, Murakami piega la logica della ricerca della felicità che oppone alla resa del suicidio, identificata come incapacità di sentirsi felici.

La tematica del suicidio è da percepire in un modo diverso dal solito, ovvero nell’accezione in cui, il senso di questa parola appartiene ad un campo semantico molto più vasto rispetto a quello che noi occidentali gli conferiamo solitamente.

La maestria nel sciorinare la tematica, il modo ostinato di condurti attraverso una trama che sembra nelle prime pagine essere molto leggera e fugace, (complice una buona fluidità nei periodi, un elegante uso della punteggiatura e dell’uso disinvolto e ben dosato di figure retoriche) nasconde la profondità di premesse ed eventi che hanno nella fase centrale e finale uno sviluppo che non sorprende più di tanto, ma che pone altri interrogativi sui legami affettivi ai quali talvolta ci si costringe e su quanto la mente umana possa cogitare nel farli diventare quasi questioni morali e di principio. Come se si dovesse seguire quel che è giusto, più di quello che ci rende felici. Errore madornale, a mio modesto avviso.

L’amore non è un ragionamento, è un verso senza metrica e Murakami lo sa bene. Watanabe, il suo personaggio principale, passa attraverso diverse vicissitudini per accorgersene.

Non è un romanzo che mi sento di consigliare, penso sia un’esperienza troppo individuale per raccomandarlo.

Ritengo che Murakami depositi qualcosa di prezioso nel fondo dell’anima, ma non riesco a pensare a Norvegian Wood come ad un capolavoro.

Leggere o non leggere: sono del parere che spendere del tempo in questo testo abbia un senso.

A voi la scelta.


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